martedì 16 giugno 2009

Arte in cucina...tutto è possibile

E’ palese che l’arte è da considerarsi come la somma di fattori politici, religiosi, sociali e culturali. Al variare di ognuno di essi, si modificano gli esiti artistici di una determinata epoca. L’opera per ciò è da intendersi non solo come stato lirico del pensiero umano, ma anche come una fonte etnografica: attraverso la sua analisi si possono leggere una galassia di informazioni storiche, geografiche e culturali. L’artista nel suo lavoro non solo pone la sua firma, ma anche il suo vissuto, inteso come frutto del luogo in cui vive e da cui non può essere estrapolato. Nei quadri degli artisti del Cinquecento veneto, ad esempio, alle spalle dei soggetti, i pittori rappresentavano le montagne, le colline e le pianure, i campi coltivati e i borghi che erano abituati a vedere e che percorrevano fin da bambini. Per le loro menti illuminate, questi elementi non erano il mero riempimento di tela bianca, ma erano da intendersi quali caratteri etnici, quasi come carta d’identità della terra di provenienza. L’artista respira l’aria della terra in cui é nato, e sente in modo inscindibile i legami con le sue tradizioni, tanto da emergere, in modo più o meno velato, nelle sue opere. Nel dipinto dell’emiliano Annibale Carracci dal titolo “Uomo che mangia i fagioli” del 1584, si vede un popolano che sta mangiando un piatto di fagioli, accompagnati da pane e porri: il questo caso egli ci mostra i cibi tradizionali che imbandivano la povera tavola dei contadini emiliani. Nel quadro “Cucina” del 1655, il napoletano Giovanni Battista Reco, ci mostra al struttura tipica di cucina napoletana del Seicento. Arcimboldo componendo la figura umana con ortaggi, frutta e foglie, trasforma gli elementi vegetali in simboli quasi surrealisti. Gli artisti offrono uno spaccato di una determinata area geografica in un determinato momento storico in cui l’aspetto enogastronomico e culinario diventa spunto per l’arte assurgendo a ruolo di soggetto. Così facendo, anche un piccolo elemento che appartiene all’entroterra etnico- culturale dell’artista, può assumere una grande importanza culturale. La stessa pittura tonale veneta, intesa come riverbero della luce ottenuto attraverso l’accostamento del colore e senza il chiaroscuro, è una caratteristica autoctona del pittore che nasce i questa area geografica; addirittura è possibile scorgere talvolta la differenza di colore di un artista, che seppur lavori in Veneto, proviene da una altra zona. Esiste perciò un filo rosso che collega tutti gli aspetti della vita in un specifico luogo. Se questo filo si spezza si rischia di diventare apolidi, di perdere il senso della propria storia e della appartenenza. Bisogna invece, per evitare l’apatia che tutto annulla, continuare a mantenere viva la propria l’identità, senza cadere nell’inutile campanilismo, e usare gli strumenti sostanziali che l’uomo possiede, quali l’arte, la tradizione e la cultura. Senza scendere nello specifico, balza agli occhi come anche una semplice sagra o un “banale” piatto tipico, possano darci informazioni indispensabili per conoscere la storia di un determinato luogo e i suoi sincretismi. Ecco perciò la necessità di creare momenti di aggregazione ai fini della valorizzazione di queste peculiarità.

Prof. Siro Perin

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