domenica 24 gennaio 2010

Radio Caterina [1944]

Radio Caterina è un piccolo ricevitore per Onde Media autocostruito nel 1944 nel campo di prigionia per Internati Militari Italiani di Sandbostel. Riporto un articolo, a mio avviso molto istruttivo, apparso nel numero di novembre 1981 di Radio Rivista, organo ufficiale dell' Associazione Radioamatori Italiani (ARI), dove vengono descritti tutti i passi ed i matriali per realizzare questo ricevitore ad opera di uno dei protagonisti che vissero in prima persona l'esperienza del Lager.


La radio nei Lager
di Ernesto Viganò I2BEV

L'articolo di I8REK [1], apparso sul N. 12 di Radio Rivista del 1980, mi ha riportato alla mente quanto accaduto nel campo di Sandbostel, Stalag X B OE, riservato, con relativo trattamento speciale, agli Ufficiali Italiani che si erano rifiutati di collaborare. La storia ve la racconto io, in quanto ho partecipato a questa impresa, ma il merito deve essere diviso fra tutti quelli che hanno collaborato alla sua riuscita, senza alcuna preferenza. Tutto è iniziato con una valvola 1N5 (altro refuso: si trattava di una 1Q5, n.d.r.), pentodo ad accensione diretta ad alta pendenza che uno di noi era riuscito a nascondere durante le feroci perquisizioni. Tutto il resto del materiale occorrente per fare il classico RX in reazione [2] ce lo siamo letteralmente dovuto inventare di sana pianta. Dolce la vita per REK a trovare materiale e bigriglie! È stato veramente fortunato. Per la costruzione occorrevano: una resistenza da un paio di megaohm, due condensatori fissi da 200 e 2000 pF, uno zoccolo, la bobina col relativo filo, il variabile da 350 o 400 pF, la cuffia e le batterie: 1,5 volt per il filamento ed una quarantina per l'anodica. Di tutto questo: zero. Comunque ci siamo arrangiati e ci siamo riusciti bene. La resistenza, dopo molte prove, è stata costruita con della carta della margarina essiccata sulla stufa con alcune righe fatte con una matita di grafite tenera, due pezzetti di filo treccia luce, sfilata, in contatto con la grafite e ben stretti a due bolli fatti agli estemi delle righe: ha dato buoni risultati. Per i condensatori: le cartine delle sigarette e la stagnola dei formaggini (beati chi li riceveva nei pacchi da casa...), arrotolati stretti, con i soliti due fili in contatto con le armature, il tutto "fritto" nella cera dei moccoli regalati dal Cappellano, con un semplice calcolo per trovare la capacità giusta, hanno funzionato benissimo. Ora il variabile e la cuffia. Se per il primo ci siamo arrangiati con della latta ricavata da scatolette accuratamente ritagliata ed i pezzi appiattiti tra due pietre levigate e strofinati a lungo, con la pazienza e l'ostinazione che solo là si aveva, con sabbia per lucidarli perfettamente, bloccati con chiodi ad una tavoletta di legno usando del cellophan come isolante, ed un pezzo di legno come manopola; per l'auricolare la faccenda si complicava maledettamente. Niente filo sottile o magneti... ma uno di noi si è ricordato di avere uno dei primi rasoi elettrici, il Raselet della Ducati, credo, ed il magnetino del motore è stato fissato in una scatoletta di latta di opportune dimensioni con una legatura e del catrame, abbiamo poi trovato il fondo particolarmente sottile di un'altra scatoletta per la membrana, fissata alla prima per mezzo di intagli sul bordo piegati alternativamente, il tutto ha funzionato perfettamente con una, direi ottima sensibilità. Lo zoccolo è stato costruito con un pezzo di masonite e ritagli di latta da uno di noi che era orologiaio di professione; era di una precisione inaudita pensando che gli unici strumenti usati erano un temperino, una forbice tipo militare ed una lametta da barba. Passiamo ora alla bobina, necessariamente a variometro per regolare la reazione. Per il supporto: un portasapone da barba cilindrico in bakelite stampata è stato facile trovarlo, ma il filo? E qui abbiamo fatto una beffa ai tedeschi che avrebbe potuto costarci molto cara C'era il sergente addetto alla posta che girava per il campo, che era piuttosto vasto, con la bicicletta munita di fanalino, ed avevamo anche osservato che non la usava mai di notte. Per farla breve: due di noi, litigando ed inseguendosi hanno urtato malamente il teutone facendolo quasi cadere; questi, infuriato, ha appoggiato la bici alla baracca e li ha presi per il collo portandoli di peso nella baracca del comando per punirli, mentre noi con un ben organizzato QRN e QRM [3] distraevamo le sentinelle sulle torrette, "qualcuno" ha tolto la dinamo alla bici, l'ha smontata, ha tolto il filo e, rimontata, l'ha messa a posto. Eravamo persuasi che a casa non saremmo più tornati, è stata una vera pazzia che poteva costarci cara, abbiamo arrischiato e ci è andata bene. Non bisogna dimenticare che eravamo in un campo di punizione. Ora le batterie. Se per la bt. [4] è stato facile trovare come REK gli avanzi delle pile dei nostri angeli custodi, per l' anodica la faccenda era più complicata. Ma ci siamo ricordati che un certo Volta aveva inventato la pila a colonna ed allora con dei dieci centesimi in lega ricca di rame, che ci eravamo fatti lasciare col pretesto di giocare a dama, dei dischetti di zinco dei lavatoi (che ci hanno anche fornito lo stagno per le sadature usando la cera dei moccoli come pasta salda) e dischetti ritagliati dalle coperte ben impilati ed immersi in acido acetico della cucina od in orina fatta bollire e fermentata per renderla acida, abbiamo ottenuto la tensione anodica necessaria. L'erogazione durava poco per la mancanza di depolarizzanti, ma quanto bastava a captare le notizie. Così Radio Caterina, dal nome della fidanzata di uno di noi, ha potuto far udire la sua flebile voce e darci la forza di resistere e di sopravvivere. Per rinnovare la batteria anodica ci voleva quasi una giornata di lavoro e anche questo ci aiutava a tirare avanti. Ricordo dopo la liberazione, le esclamazioni dei colleghi OM alleati [5], (che poi ci hanno riempito di materiale!), rigiravano in mano il nostro "miracolo" stupiti e non sapevano far altro che dire: "astonishing! formidabile!", dopo averlo sentito per l'ultima volta funzionare [6]. Ora chi la volesse andare a vedere, si trova presso il Museo dell'internato in Germania, a San Giovanni in Terranegra, vicino a Padova, dove l'ho rivista con commozione tempo fa. Nella sua vetrina, forse penserà che più delle batterie, a farla funzionare è stata la forza della nostra disperazione. Ma soprattutto a noi, tutti, è rimasta la grande soddisfazione di averla fatta in barba ai nostri custodi e di essere riusciti, con mesi di lavoro, a creare praticamente dal niente un qualcosa di veramente ben funzionante. Posso solo aggiungere che l'apparecchio è stato "contrabbandato" fino al campo di Fallingbostel, smontato, e anche là ha fatto impazzire i tedeschi, idrofobi per le notizie diffuse giornalmente, nonostante le loro affannose ricerche, ma questo ve lo racconterò un'altra volta.

Ernesto Viganò I2BEV

Note:
[1] I8REK è il nominativo assegnato a Archimede Mingo dal Ministero delle Comunicazioni, da utilizzare per tutti i collegamenti radio. Più avanti Viganò utilizzerà il solo suffisso REK, per brevità.
[2] RX: ricevitore.
[3] QRM e QRN sono disturbi nella ricezione dei segnali radio che ne rendono difficile la comprensibilità. Il QRN è di origine atmosferica (temporali o rumore naturale), il QRM è generato dalle attività umane (scariche elettriche di apparecchiature come boiler, per esempio).
[4] bt. = batteria. In questo caso si intende per l'accensione dell filamento della valvola, che richiede una ulteriore sorgente di alimentazione che generalmente si ottiene dalla rete elettrica con un trasformatore (non disponibile a Sandbostel).
[5] OM = Old Man (radioamatore).
[6] Dopo la liberazione fu realizzato un impianto di diffusione sonora all'interno del Lager, Radio B90. Non si trattava di una vera e propria radio, quindi, ma durante una delle prime "trasmissioni" (o forse la prima?), fu utilizzata per far sentire a tutto il campo la voce della "Caterina".

Altre interessanti informazioni: http://www.radio-caterina.org/

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