sabato 27 febbraio 2010

Paber

“Chi può esprimere con i propri colori lo sterminio dei Sioux…? Solo il Paber”. In queste poche ma significative parole è contenuta tutta la poetica pittorica dell’artista Paber. Egli usa il colore come una sorta di scrittura visiva per raccontarci una vicenda o un accadimento particolarmente significativo, concentrandosi su un soggetto da cui lui stesso o l’essere umano viene influenzato. Il colore quindi diventa un tramite emotivo, sensoriale, ma anche psichico: attraverso i suoi coaguli, gli addensamenti, le macchie sulla tela egli fa emergere la vita, la storia e l’intimo delle persone. Paber si muove dunque su due prospettive: quella storica e quella romantica. Secondo la prima, ben lontano dalla mera astrazione o dall’informalità istintiva, egli trasforma i suoi dipinti in documenti storici, quasi in vere e proprie tracce dell’Uomo; ciò si evince in opere come “Parlami d’amore Mariù” in cui gli accenni grafici del ritornello della celeberrima canzone non solo fanno ritornare alla mente la melodia, ma grazie all’esaltazione dell’armonica policromia aprono il campo all’emozionalità ed alla malinconia del tempo passato. Invece secondo la seconda prospettiva, Paber intende mettere in luce le emozioni che percorrono l’intimo dell’uomo: in “Nebbia sul fiume” il nostro occhio viene attratto dall’armonico variare dei grigi e dalla loro vibrante corposità, con la conseguenza che il nostro io capta al medesimo tempo sia l’impalpabilità fisica della nebbia sia la melanconica suggestione che essa emana.  In alcune opere recenti il pittore si accosta maggiormente alla rappresentazione del reale, cosa testimoniata dal fatto che l’espressività del suo colore si va a fondere con la linea, con il segno. Compare la raffigurazione di un luogo altamente simbolico per l’Uomo: la città. Essa viene rappresentata con una forte carica emotiva, è scenica, quasi graffiata, e sembra volerci raccontare l’ineluttabilità dell’uomo.
Siro Perin

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