giovedì 9 agosto 2012

M. Kundera - Amori ridicoli [1988]


Kundera ha detto una volta che aveva scritto Amori ridicoli «con maggior divertimento, con maggiore piacere» di tutti gli altri suoi libri, salvo Il valzer degli addii. Quel divertimento, quel piacere si trasmettono a ogni lettore, irresistibilmente, appena apre queste pagine. In sette racconti, composti in una forma chiusa e perfetta, piena di corrispondenze, Kundera lascia che si sfreni il suo estro vaudevillesco. Si tratta sempre di amore, in queste storie. Ma un amore a cui si accompagna ogni volta un altro elemento, la mistificazione, con effetto deflagrante. Il mondo, quale si presenta con aria di seriosa compostezza, va felicemente in pezzi sotto i nostri occhi, frantumato dalla duplice spinta dell’eros e della mistificazione. E l’essenza amorosa, nella sua leggerezza e nel suo pathos, si sprigiona finalmente, come liberata da una costrizione. Al segreto della forma di questo libro accenna con la massima precisione un apologo raccontato da uno dei suoi personaggi: «“Immagina di incontrare un pazzo che pensa di essere un pesce e che noi tutti siamo dei pesci. Ti metterai a discutere con lui? Ti spoglierai davanti a lui per dimostrargli che non hai squame? Gli dirai in faccia quello che pensi? Su, dimmi!”. Il fratello taceva ed Eduard continuò: “Se tu non gli dicessi niente di più della pura verità, solo ciò che davvero pensi di lui, accetteresti una conversazione seria con un pazzo e diverresti tu stesso un pazzo. E la stessa cosa avviene col mondo che ci circonda. Se io mi ostinassi a dirgli in faccia la verità, significherebbe che lo prendo sul serio. E prendere sul serio una cosa così poco seria significa diventare io stesso poco serio. Fratello caro, io devo mentire se non voglio prendere sul serio i pazzi e diventare pazzo io stesso”». I racconti di Amori ridicoli sono stati scritti tra il 1959 e il 1968.

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